domenica 5 gennaio 2014

La prendo molto alla larga: non sono mai stato un lettore Bonelli e/o bonellide, è un formato che non mi ha mai attirato, un tipo di fumetto (nella gabbia, nella costruzione narrativa, etc.) con cui non mi sono mai sentito in linea, che sostanzialmente mi annoia. Sono cose che ho detto e ridetto infinite volte, quindi nulla di nuovo. Ma.

Ma sto acquistando e seguendo Orfani.
Non solo: acquistandolo, di fatto sto supportando Orfani.
E qui apro la prima di una lunga serie di parentesi.
Cioè un concetto che applico da sempre (generalmente quando si tratta di autoproduzioni e/o produzioni indipendenti) ma che - in questo caso - vale per molti dei fumetti che sto acquistando ultimamente, pur non rientrando propriamente nel loro target abituale. Forse semplicemente perché molti degli autori con cui io stesso ho mosso i primi passi (o che sono venuti DOPO ma di cui ho seguito i primi passi) piano piano stanno raggiungendo quei lidi editoriali.
Quindi mi ritrovo ad andare in edicola e a comprare i Tex disegnati da Leomacs; o la miniserie Metamorphosis (Aurea) di Giacomo Bevilacqua, così come il suo nuovo seriale del Panda (Panini); o ancora il Long Way di Diego Cajelli (Aurea) e alcuni numeri de Le Storie (La redenzione del samurai, Mexican Standoff, I fiori del massacro) fino a Il grande Belzoni di Walter Venturi e - per l'appunto - a Orfani. Che leggerò nelle sua interezza. Anche ci fosse una seconda serie. O una terza.

Ed ecco il punto. Un punto che non a caso lo stesso Walter, che è uomo di cervello assai più fine di quanto lui stesso spesso non voglia far credere (non nel senso che sia scemo, ma che spesso si barrica dietro un tipico atteggiamento romanesco tutto all'insegna del «A me che me frega?»), proprio all'ultima Lucca Comics - mentre scambiavamo due chiacchiere - ha voluto farmi notare: nonostante tutto ciò che si voglia dire, io nell'acquistare un determinato albo sto supportando quel progetto e quell'autore. Capite il senso?

Ci vuole poco a farti passare per uno CONTRO quella roba.
Da loro che però aspettando sempre che quell'albo gli venga regalato.
Lo incensano sul web e lo difendono a spada tratta, ma non lo acquistano.
Quindi lo ripeto nel caso tu non abbia capito bene il senso: acquistando Orfani, io lo sto supportando nei fatti MOLTO più di te che ne straparli su Facebook dopo che Roberto o Emiliano te ne hanno regalato una copia!!!
Fine della prima parentesi.

Eddaje, su… in fondo siam tutti colleghi, no?
Si, certo: colleghi #stocazzo

Veniamo allora ad Orfani e a me.
Che lo scorso 16 ottobre è uscito il primo numero. E a Lucca doveva ancora uscire il secondo, ma CHIUNQUE abbia incontrato voleva sapere cosa ne pensassi. E io invece fino ad oggi (che nel frattempo è già uscito anche il terzo) non ho ancora speso una sola parola al riguardo, né qui né altrove. Nulla. Nemmeno con Paolo Campana che pure ne cura la grafica.
Nemmeno con lui che i fumetti Bonelli non se li è mai cagati in vita sua, ma che nei corridoi della fiera mi diceva tutto esaltato: «Le proiezioni parlano già di ottantamila copie vendute!!!»
E lo diceva a me. A me che delle vendite di Orfani non potrebbe fregarmene un cazzo di meno.
Figuriamoci di una "proiezione" peraltro assolutamente infondata!

Forse fino ad oggi l'unico a cui abbia veramente dato un parere sincero su Orfani è stato Giulio Fermetti mentre ci mangiavamo un kebab alle quattro e mezza del pomeriggio! E se l'ho fatto con lui, è solo perché - oltre ad essere una persona squisita, colta, ironica e e intelligente - è anche "fuori da un certo giro". E' un vero lettore, non un autore. Con il quale si riesce ad avere un vero dialogo. Ma sto divagando.

Non sono mai entrato nel merito dei contenuti, dicevamo.
E' vero. Ma è altrettanto vero che - invece - sull'operazione di promozione che è stata fatta per il suo lancio eccome se mi sono espresso. E anche qui (nonostante gli stessi "loro" di cui sopra vogliano pensarla) mi sono testimoni tutti coloro ai quali ho detto che è stata UNA GRANDE OPERAZIONE DI MARKETING E DI COMUNICAZIONE. Studiata bene. Realizzata meglio. Straordinariamente efficace. Insomma: OTTIMA. E sia chiaro a tutti che non sto affatto scherzando. Ne sono rimasto molto colpito, tanto più in virtù del fatto che - da un anno a questa parte - pur essendomi allontanato molto dai fumetti mi sono invece "immerso" totalmente nella comunicazione e nel marketing.
Ecco perché non posso che aver AMMIRATO un'operazione del genere. Fatta nel modo in cui è stata fatta, utilizzando al loro massimo potenziale i social networks, il viral marketing, l'innalzamento a palla dell'hype. Quindi ben vengano operazioni analoghe nel (micro)mondo dei fumetti, in questa eterna guerra dei poveri, in questa sconfinata provincia dei veri imperi economici.

Questa mia ammirazione non l'ho tenuta per me nemmeno con Alessandro Bottero, e non parlo a caso di lui. Anzi: parlo di lui perché adesso - giocoforza (e mio malgrado) - finiamo a parlare anche di Fumettodautore, che dello screditare Orfani sembra averne fatto (tristemente) la sua crociata personale.
Se parlo di Bottero e non di Giorgio Messina, è perché evidentemente su questo argomento a Giorgio non ho davvero niente da dire. A Lucca nemmeno l'ho incrociato, che pare essere stato più occupato a schivare schiaffi da chi storicamente non ne ha mai fatto volare uno in vita sua.
Perché questa sorta di crociata contro Orfani è sciocca. E' ottusa. E' inutile.
Così come sciocca, ottusa, inutile e soprattutto SCONTATA è stata la recensione al primo numero, che sembrava scritta e pronta all'uso prima ancora di averlo letto. Così come sciocche, ottuse e inutili sono le continue frecciate e le continue insinuazioni che fanno al fumetto e/o al suo autore anche quando stanno parlando di altro. Magari dedicando un editoriale alle piccole realtà "invisibili" che potrebbero sfuggire all'interno di una fiera enorme come quella lucchese. Un editoriale che prefiggendosi questo fine avrebbe senso. Allora perché dedicare due terzi del pezzo a (ri)parlare di Orfani?

Non mi piace affatto questo atteggiamento di FdA.
Non mi piace, l'ho detto a Bottero, lo sottoscrivo anche adesso.

Ma non mi piace nemmeno l'atteggiamento opposto.
Non mi piacciono gli insulti, le gogne pubbliche, i "tutti contro uno".

Allora se non ti piace Orfani, se lo ritieni una cazzata, non leggerlo. Non dargli peso e considerazione. Ma allo stesso modo se non ti piace FdA, se lo ritieni una cagata, non leggerlo. Non dargli peso e considerazione.

C'è stato uno status di Facebook che mi fece sorridere lo scorso ottobre dopo l'esordio di Orfani in edicola. Mi dispiace non averlo copiato (perdendone così anche la fonte) ma - proprio riferendosi alla nuovissima serie Bonelli e alla totale copertura mediatica che quel giorno sembrava avergli dedicato il web - recitava più o meno: «Quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo lo chiama farfalla. Quello che per il mondo del fumetto oggi sembra la Rivoluzione, per il resto del mondo non è nemmeno tra i primi dieci trend topic di Twitter»

Questo per dire com'è comunque soggettiva la PERCEZIONE che un determinato/specifico settore può avere del web. Per dire che - quel giorno - in prima posizione su Twitter (si, ero andato a controllarlo) mi pare ci fosse l'hashtag #moreno di Amici di Maria De Filippi.

Notate bene che fino a qui non ho ancora parlato dei contenuti di questa serie (e tra l'altro nemmeno lo farò). Allora perché, arrivati a questo punto, lo sto facendo notare nuovamente?
Perché apro una seconda parentesi. Ecco perché.
Interamente dedicata agli autori.

Si, gli autori. Non i lettori, che ne fanno molto più semplicemente un questione mi piace/non mi piace. Gli autori, quelli che sin dallo scorso 16 ottobre stanno difendendo come non mai la bontà dell'operazione, partecipando (con un potere di ubiquità che peraltro mi meraviglia) ad ogni dibattito, ogni polemica, ogni flame che da due mesi e mezzo a questa parte infiamma il web e i social networks.
Difendendone ad ogni attacco (soprattutto nei luoghi non abitualmente dedicati al fumetto) la qualità eccelsa, i disegni straordinari, la colorazione senza precedenti e via dicendo.

Cito a memoria anche uno status FB di Luca Bertelé (che ora non mi va di andare a cercare, ma c'è) in cui diceva più o meno: «Ma è possibile che certa gente non capisca quante nuove opportunità per il fumetto italiano possa aprire il successo di Orfani?»
Potrei andarle a pescare una ad una, certe affermazioni degli autori.
Se ne avessi più voglia e più tempo. Fidatevi.

La cosa che in assoluto mi è saltata più all'occhio in questi due mesi e mezzo, è stato proprio questo schieramento compatto degli autori intorno ad Orfani. Uno schieramento che non ammette replica o dibattito. E' uno scatto automatico, un serrare i ranghi.
E ci può stare, ci mancherebbe: amici degli amici. Amici degli amici degli amici. Grande affetto. Grande stima. Massimo rispetto. Faremo grandi cose, fratello. Anzi sei più di un fratello nella notte, bro!
Dove sto andando a parare?

Che nel 99% dei casi l'argomentazione si basa sulla qualità eccelsa, sui disegni straordinari, sulla colorazione che non ha precedenti, sulla grande operazione di rinnovamento della Bonelli, sul prezzo tutto sommato contenuto (per noi che conosciamo certe dinamiche produttive), sui volumi deluxe che ne farà la Bao Publishing, sulla strada che può spianare il successo di questa serie.
Ma nel 99% dei casi suddetti autori omettono i contenuti.
Non si esprimono mai sulla storia vera e propria.
Di fonte a lettori e/o detrattori che magari - da appassionati cresciuti a pane & fantascienza - ne contestano il visto e rivisto, la Fanteria dello Spazio, Halo, il Signore delle Mosche, Capitan Power e chi più ne ha più ne metta, essi rispondono sempre riportando l'attenzione ai disegni, alla colorazione, al prezzo, al rinnovamento, alle nuove opportunità che si aprono.
Eppure ne avessi sentito uno - e dico uno! - che abbia detto chiaro e tondo che 'sta storia è una figata assoluta!!!

Nemmeno Ottokin che ne cura la grafica o Gud che gli dedica pure le sue spiritose tavole mensili. Nemmeno nessun altro (e nemmeno nelle recensioni). La storia sembra un argomento tabù. Però «che disegni, che colorazione, che prezzo, che rinnovamento, che opportunità per il fumetto italiano!»
Si, d'accordo. Ma il plot, la trama, i dialoghi, l'impianto narrativo, lo storytelling: allora, colleghi tutti riuniti… Orfani è una figata oppure no?
E sia chiaro che ve lo sto chiedendo davvero.

Beh, abbiamo capito: è una grande opportunità per il fumetto italiano. E grazie al cazzo, ma guarda un po'.
Quindi perché non diciamo le cose come stanno, visto che anche un Mauro Uzzeo è capace di invocare "onestà intellettuale" quando si tratta di chiederla ad un certo "giornalismo serio"?

Allora diciamolo con la stessa onestà, dai.
Perché anche se la storia - da autori, da scrittori e/o da sceneggiatori - non vi avesse esaltato granché (o vi avesse addirittura fatto cagare) GUAI ad esternarlo esplicitamente con il rischio che possano stranirsi Roberto e/o qualcuno in Bonelli… mmmh?
Guai a correre anche la minima possibilità di "inimicarseli" in qualche modo, perché il 99% di questi autori - augurandosi che Orfani abbia successo e faccia davvero da apripista - sta già preparandosi sul desktop il suo progettino per la prossima serie da proporre a via Buonarroti ;)

Eh, eh, eh... #daje

Ognuno si coltiva il proprio orticello, miei cari.
Più che legittimo, ci mancherebbe!
Ma se quelli di FdA lanciano inutili badilate di merda, la schiera compatta di autori che difende Orfani può davvero dire di farlo con onestà intellettuale? O sta semplicemente evitando qualsiasi possibile conflitto con chi domani potrebbe dargli da lavorare?

Ora finalmente vengo a me.
A me che acquisto Orfani, mese dopo mese.
Io che non sono un abituale lettore Bonelli. Io che non sono nemmeno un gggiovane e non sono mai stato nemmeno un videogiocatore.

Vado nuovamente a memoria: un paio di mesi fa, sempre il buon Uzzeo - scrivendo tra i commenti di uno status che aveva pubblicato Alessandro Di Virgilio (che dovrei nuovamente andare a cercare, ma non ne ho nuovamente voglia) - scriveva qualcosa sul fatto che certe considerazioni e/o certe critiche (in quel momento riferite a dei dati di vendita sbandierati come un fallimento) andrebbero argomentate maggiormente, altrimenti restano sterili allusioni di poco valore.

Bene. Chissà se sto argomentando sufficientemente?
Intendo: se questo grande esperimento editoriale nasce con l'intento di aprire nuovi segmenti di target, andando a scovarli tra i "giovani" e i "videogiocatori", non sarà che - da questo punto di vista - ai giovani e ai videogiocatori continua a non importagliene una sega dei nostri cari fumetti?

Si è parlato di un venduto di circa cinquantamila copie.
Che per quanto mi riguarda sono un botto!!! Tanto più in un Paese i cui abitanti leggono sempre meno.
Cinquantamila copie? Tanto di cappello, signori.

Ma probabilmente sono cinquantamila persone che leggono già abitualmente fumetti.
Sono più o meno i lettori che concorrono abitualmente ai numeri della Bonelli.
Magari qualche lettore nuovo c'è, come me (che ai fini di una statistica Bonelli, in fondo sono effettivamente "nuovo"). Ma non giovane. E non videogiocatore.
Magari uno che qualcosa ne sa, questo si. Esattamente come il popolo che frequenta la rete, i siti dedicati al fumetto, i blog o le pagine social degli autori. Cioè un target (sul web, molto più esiguo di quel che si voglia credere) che CONOSCE GIA' il progetto, perché è quasi due anni che ne sente parlare. Che SA GIA' bene cosa sta per uscire, chi è che lo scrive, chi è che lo disegna, di cosa tratta, etc. Ma sono comunque lettori che - nonostante la straordinaria campagna promozionale che è stata fatta - non arrivano da nuovi segmenti o da altri mercati.

Ecco: da questo punto di vista ha più senso uno stand Bonelli/Multiplayer al Salone del Libro di Torino, dove puoi intercettare un lettore adulto, curioso, magari già orientato alla fantascienza, che non lo stesso stand all'Area Games di Lucca, dove alla fine della fiera (in tutti i sensi) al giovane/appassionato videogiocatore incallito del tuo fumettino gli frega cazzo!
Mi perdoni Diego, ma è un po' come illudersi di andare a trovare nuovi lettori tra i cinesi di via Paolo Sarpi.

Che vuol dire? che il target di Orfani - così come di Long Way - siamo sempre noi, cioè quelli che leggono già i fumetti. Fine della storia.

Concludendo: difficilmente diventerò un lettore di Tex, di Zagor o quant'altro.
Ma sto leggendo e continuerò a leggere Orfani, così come qualche altro speciale Bonelli.
Che già di per sè implica un grande cambiamento personale. L'abbattimento di molti pregiudizi. E per uno come me - credetemi - non è cosa da poco.

lunedì 6 settembre 2010

Miami.

in funzione della "prima bordata"

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La ricerca (come si usa dire nel settore) quest'anno era a Miami. Senza di me, ovviamente. Che se poi dovessimo giudicare il risultato finale della collezione PE2011 in base a suddetta "ricerca", sembra che quelli lì a Miami non ci abbiano mai messo piede! Che se dovevano attraversare l'oceano per acquistare quattro t-shirt della Hollister, tanto valeva che dalla Salaria arrivassero in venti minuti al centro commerciale Roma Est, che ci avrebbero trovato esattamente le stesse magliette. Ma tant'è. Visto che noialtri grafici (in tre su quattro) siamo rimasti a Roma, ci siamo assegnati da soli "Miami" come uno dei temi stagionali da sviluppare, anche se lì dentro - come metodo - i temi nemmeno esistono.
E caso vuole che io a Miami ci fossi stato proprio un anno prima, quindi ero pieno di foto. Come dire che la mia ricerca - io - me l'ero già bella che fatta per conto mio... come dovrebbe fare ogni serio professionista, perchè nel nostro campo "si ruba con gli occhi" anche quando si va in vacanza! ;)

(1) Partiamo proprio dalle fotografie: roba mia, scattata da me medesimo, non scaricata da internet. Tra le tante a disposizione, cercavo qualcosa che trasmettesse un sapore di spiaggia e di oceano, che rappresentasse Miami Beach attraverso la sua stessa iconografia. Allora eccone un paio che facevano al caso mio: il suv della Ocean Rescue con la tavola da surf sul tetto e il quartier generale della Beach Patrol in perfetto stile art decò (che nemmno quelli di "Baywatch" se lo sognano!) posizionato in pieno Lummus Park (cioè quella striscia di parco che separa la celebre Ocean Drive dalla spiaggia vera e propria). Entrambe scontornate, lavorate sui contrasti di bianco/nero, portate alla soglia, ripulite (alla seconda ho dovuto anche aggiungere ex novo la palma) e trasformate in immagini vettoriali, che per la stampa serigrafica è sempre meglio lavorare in vettori:


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(2) Dopodichè, elementi principali alla mano (cioè il lavoro più lungo), veniamo al montaggio: la grafica è pensata a due colori, quindi l'uso dei pallini a mo' di retino consente qualche "sfumatura" perfettamente stampabile in serigrafia. Per mantenere l'atmosfera art decò che permea tutta Miami Beach, le scritte superiori sono realizzate con un Hoad Ornament (una font assai retrò) modificata alla base; le restanti sono in Agency FB inclinata a 15°. Il suv e la sede della Polizia interagiscono tra loro come se l'immagine originale fosse una sola fotografia, non due differenti. A completare la grafica (che vuole comunque comunicare un sapore estivo) un paio di elementi floreali: uno più nitido in primo piano, l'altro suggerito come sfondo (di quelli che solitamente si utilizzando come textures). L'azzurro acqua e i colori pastello esprimono infine la tavolozza naturale di Miami.

Può piacere o meno, siamo d'accordo. Chiunque - a proprio gusto - è libero di decidere se indosserebbe o meno una t-shirt del genere, ci mancherebbe. Ma rimane il fatto che una grafica come questa è al 100% farina del sacco del suo autore, solo e soltanto sua... ma soprattutto qualcosa che non è possibile trovare già pronta nei siti specializzati in loghi o vettori. Della serie: proprio ciò che fa la differenza!
"Ma che te lo dico a fare?"


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martedì 4 dicembre 2007

Jenna Forever.


Intervista esclusiva a Jenna Jameson.
Tratta da il Massacratore n°4: "Katzyvari 2.1".
Novembre 2007.
Liska Prod®/Bottero Edizioni.

Mesi. Ci sono voluti davvero dei mesi.
E’ dallo scorso febbraio che ci sto dietro, da quando io e Ottokin decidemmo di rifare “Katzyvari”. Che – su ogni numero – prevedeva un’INTERVISTA SPECIALE con un grande personaggio italiano o straniero dello spettacolo, della musica, dello sport o dell’attualità (trovando di volta in volta un buon motivo per finire a parlare di fumetti). Quasi da subito gli dissi: “Intervistiamo Jenna Jameson”, tanto per cominciare col botto!!! Real hardcore.
Allora via con le ricerche, con diverse mail al suo sito ufficiale, alla sua casa di produzione, al suo presunto management, al suo MySpace (dove lei dice di essere sempre presente di persona). Niente. Nessuna risposta. E passano i mesi. E arriva pure l’estate.
Chiedo allora una mano ad una collega di un certo noto settimanale di Vanità, che magari - tramite la redazione della casa madre americana - potrebbe rivelarsi utile. Lo è. La collega mi passa l’indirizzo diretto di quello che dovrebbe essere il suo manager, che chiameremo solo Josh. Scrivo a Josh. Gli dico di essere un giornalista italiano che scrive per un botto di giornali importanti (cosa non si racconta, eh?) e che vorrei rivolgere qualche domanda alla Signora Jameson. Tempo pochi giorni e Josh mi risponde.
Mi dice che si può fare. Mi dice di preparare le domande scritte per mail (ovviamente già in inglese) e che non appena Jenna avrà un attimo di tempo libero risponderà per iscritto. Nel frattempo è luglio inoltrato.
Io un “canovaccio” per l’intervista ce l’ho già. Quindi mi metto lì a preparare le domande in maniera comprensibile, anche se un po’ mi dispiace che la cosa avvenga SOLO via mail.
Passa altro tempo. Le domande le ho già spedite, ma Jenna non risponde. Se ne sarà dimenticata? Non ha davvero tempo? Riscrivo a Josh per avere notizie. Non risponde nemmeno lui. Penso che la cosa morirà lì.
Metà agosto. Un pomeriggio come un altro, mi squilla il cellulare e vado a rispondere scazzato come mio solito. Dall’altro lato un tipo che parla in inglese. Panico. Non capisco nemmeno metà di quello che sta dicendo: è Josh!!! Take it easy, man. Speak slowly, please. Dice che Jenna è troppo impegnata per rispondere alle domande, che non trova mezz’ora per sedersi con calma davanti al computer, che tutto sommato si fa prima a voce, che magari – per telefono - bastano dieci minuti. Mi fissa una telefonica per il giorno dopo, a metà pomeriggio (che per loro è mattina).
Ecco allora tornarmi utili anche i cari vecchi collaboratori di Blackmagazine. Carlito Schilirò è troppo tempo che non lo sento, non mi va di chiamarlo solo per ‘sta cosa. C’è Monica Prezioso. Chiamo lei, che con l’inglese va a mille.
Io un’intervista in inglese dal vivo – di persona – la reggo. Ne ho fatte parecchie, ma aiutano anche i gesti, il labiale, l’intesa che si crea. Però al telefono proprio no, vado in panico. Mi ci vuole un’interprete, anche se saremo in viva voce. Monica mi dice OK (e in seguito mi aiuterà anche a sbobinare). È fatta.
Il giorno dopo mi chiama Josh, attacco viva voce e registratore, gli spiego che sarà una mia collaboratrice a condurre l’intervista sulla base delle mie domande (ma in realtà molte le improvviseremo). Lui risponde che Jenna è contenta che sia una donna a fargliela (uhm?). Poi finalmente ce la passa. Accidenti, è davvero lei?

A fine agosto mi ritrovo in mano un’intervista inedita con Jenna Jameson, la più famosa pornostar del mondo.
Nel frattempo è successo di tutto, anche che “Katzyvari” non si fa più.
Ma ho questa intervista in mano. E pensate che potessi non usarla? Giammai. Sarebbe peccato.

Di Jenna Jameson – al secolo Jenna Marie Massoli, classe 1974 – credo si sia già detto TUTTO il dicibile. Non ha certo bisogno di altre presentazioni, se non sottolineare che è colei che – negli anni ’90 - ha definito il concetto stesso di “pornostar” per un’attrice di genere hardcore. È la prima vera grande DIVA di questo settore. A livello globale.
Ce ne saranno sicuramente di più belle, di più magre, di più formose, di più bionde, di più estreme… mettetela un po’ come vi pare, ma è SOLO LEI la regina assoluta, quella che in automatico apre i files dell’immaginario erotico di ogni maschietto del pianeta Terra.
Ma anche di un bel po’ di femminucce.

Allora, Jenna: bionda, occhi azzurri, tanto silicone. Sei l’immagine della classica ragazza californiana d.o.c. in stile “Baywatch”. Non ti senti un po’ uno stereotipo?
“A volte si, ma non mi dispiace. Nel senso che nel mio lavoro è molto importante l’aspetto, quindi sono sempre stata pronta a dare agli altri proprio ciò che volevano, anche esteticamente, anche se è uno stereotipo. Al contempo, in questi anni credo di aver dimostrato di non essere solo una stupida bambola bionda. Sarà perché sono nata a Las Vegas, nel Nevada… non in California!!!”

Si, d’accordo, ma sembra essere la sola immagine possibile della ragazza “100% made in USA” da esportare nel resto del mondo. Penso per esempio a Paris Hilton.
“Non credo sia proprio così. Esistono decine di attrici, cantanti e showgirls americane che esulano da questi criteri estetici. Sono more, sono bassine, o sono un po’ in carne, eppure la loro bellezza è oggettiva. In alcuni casi disarmante. Anche se non è solo la bellezza il criterio con cui una donna può attrarmi. Spesso è per la sua dolcezza. Spesso per la sua sensualità, che non ha necessariamente a che fare con l’aspetto fisico. Spesso è il talento, si. Sono sempre affascinata dal talento. Ecco perché NON mi piace Paris Hilton, visto che la citavi poco fa. Ti dirò di più: la detesto! Nonostante ci abbiano più volte fotografate insieme (e che forse prossimamente condurranno insieme un programma televisivo, n.d.r.) per me resta una ricca viziata figlia di papà che non merita nemmeno la metà del successo che sta avendo, a discapito di altre ragazze molto più in gamba di lei. Poco fa nominavi “Baywatch”, quindi casomai penso a Pamela Anderson. Oltre ad essere una cara amica, io la considero una bravissima attrice, una donna estremamente forte, un vero modello di riferimento: tenace ed autoironica!!! Ha appena compiuto 40 anni ed è bella come non mai. Si rimette continuamente in gioco, anche con ruoli comici (Jenna di riferisce al telefilm “Stacked”, in Italia proposto con l’orribile titolo “Una pupa in libreria” - n.d.r.), nonostante tutto quello che ha passato nella vita. Le voglio bene. Ogni donna – aldilà dello streotipo che pure lei rappresenta - dovrebbe considerarla un grande esempio”.

E tu ti rimetti mai in gioco?
“Lo faccio continuamente”.

Anche tentando di scrollarti di dosso l’etichetta di attrice hard?
“Ho smesso di provarci già da diverso tempo. Ti spiego perché: per molti anni, soprattutto all’apice della mia carriera nel porno, ho tentato di mettere piede a Hollywood, nel mondo del cinema “vero”, o anche in quello della televisione. In effetti ho fatto qualche particina, qualche cameo, qualche apparizione, ma alla fine erano SEMPRE ruoli “da attrice porno”, come nel videoclip di Eminem. Non gli sono mai interessata come attrice, capisci? Gli interessava avermi in quanto Jenna Jameson, la stella del porno!!! Anche se non dovevo spogliarmi, ogni tentativo di “distacco” da quel ruolo si rivelava inutile, perché la mia immagine arrivava prima di me come persona. La mia stessa celebrità mi si ritorceva contro. Quando ti rendi conto di questo, quando ti accetti totalmente per ciò che sei e che fai, arrivi a capire che non hai bisogno di un consenso differente da quello che hai già. Che oltretutto ti sei guadagnato con un lavoro ONESTO anno dopo anno, conquistando uno ad uno tutti i tuoi fans. Per questo ho smesso di cercare altre strade. La mia strada è questa, non ne voglio più altre. Continuerò fino a quando il mio fisico me lo permetterà, anche se già da qualche anno la maggior parte del mio lavoro non è più davanti alle telecamere, ma dietro”.

Come attrice oramai stai lavorando pochissimo, in effetti…
“Si, l’ultimo film è stato “Janine loves Jenna” (diretto dal regista Justin Sterling, suo ex marito, da cui si è separata da poco più di un anno, mentre ora sta insieme al lottatore MMA Tito Ortiz – n.d.r.) con la bravissima Janine Lindemulder, una mia amica speciale da sempre. Il resto delle mie performances è fotografico, sono shooting periodici per il mio sito ClubJenna.com

Allora, scusami se torno alla domanda di prima, ma dov’è di preciso che senti di rimetterti maggiormente in gioco?
“Nelle scelte di ogni giorno. Nei miei rapporti interpersonali, siano essi affettivi o professionali. Nel mio modo di essere imprenditrice all’interno di un settore – l’intrattenimento per adulti - ancora così maschilista. ClubJenna non è solo un sito: è un casa di produzione, è un’agenzia di management, è un luogo dove molte attrici stanno scoprendo cosa voglia dire lavorare con me. O meglio: cosa voglia dire lavorare bene! Con professionalità, con qualità, con uno staff dei migliori professionisti del settore. Per arrivare dove sono arrivata, ho dovuto lavorare sodo. So io quello che non ho passato, anche prima di entrare nel mondo dell’industria porno (Jenna si riferisce ad un’infanzia piuttosto difficile - n.d.r.). So bene cosa sia il senso di smarrimento, cosa siano i sacrifici. Se posso, voglio evitare certi passaggi obbligati ad una giovane attrice che decide di tentare la sua strada in questo ambiente”.

Molte delle cose a cui alludi sono contenute nel tuo libro (scritto a quattro mani con il giornalista Neil Stauss - n.d.r.), vero?
“Si. Alcune raccontate con molta crudezza. Altre con ironia. Non a caso anche il titolo “How to make love like a pornstar” è ironico, se non si era capito”.

Non saprei, in Italia lo hanno intitolato semplicemente “Vita da pornostar” (Sonzogno, 2006).
“Ma così perde tutto il suo senso”.

Però credo abbia venduto bene anche qui.
“Beh, ne sono felice”.

Ti è dispiaciuto che Scarlett Johansson abbia rifiutato di interpretarti nell’imminente film che ne trarrete?
“Non particolarmente. Lei è straordinaria, è vero. Ma troveremo un’altra attrice all’altezza del ruolo”.

Negli USA il tuo libro è stato un bestseller. Ho letto da qualche parte che ne hanno anche fatto un fumetto non ufficiale.
“Si, l’hanno detto anche a me. Non ricordo né il titolo, né gli autori. Però mi hanno detto che è piuttosto bruttino. Credo che ci sia anche una causa in corso, ma su questo Josh saprebbe darti più spiegazioni di me”.

Però - a proposito di fumetti - siamo proprio in un magazine specializzato (???) quindi che ne dici se ne parliamo un po’?
“Ma certo!!! È una grande novità, per me”.

La notizia del tuo fumetto ha fatto il giro del mondo in poche ore.
“Si, sono così emozionata. A questo punto speriamo di non deludere le aspettative di tutti i miei fans, ma non solo loro. So che il pubblico dei fumetti è un pubblico colto, e molto esigente. E’ un target che ho avuto modo di conoscere da vicino, sai? Un mese fa sono stata di persona alla Comicon di San Diego a presentare questo mio nuovo progetto per la Virgin Comics, che si chiama “Shadow Hunter” e sarà scritto da Christina Z. Non hai idea di quanto sia contenta che sia una donna a scrivere le sceneggiature, e lei poi è così brava! Comunque sia, ho potuto vedere con i miei occhi il calore e l’interesse dei lettori di fumetti, che mi hanno accolta nel loro ambiente con un affetto davvero incredibile!!! Generalmente sono abituata ad andare alle conventions di settore, quelle dove ogni anno vengono premiate le migliori produzioni hardcore, hai presente? Lì è un tipo di pubblico decisamente diverso, più adulto, spesso più rozzo, che non vede l’ora che mi spogli. Certo, lo so che magari anche i lettori di fumetti non aspetterebbero altro, ma in quel contesto nemmeno me l’hanno chiesto, sapevano che ero lì per altri motivi, mi chiedevano l’autografo, una foto insieme… oh, erano così carini!!!”

È un fumetto assolutamente casto…
“Si, si, certo. Non è un fumetto porno. È un fantasy. Io sono la protagonista, nel senso che ha i miei lineamenti, il mio viso, il mio corpo. È come se interpretassi un personaggio, ma è disegnata invece che impresso sulla pellicola. Sarà un fumetto avventuroso e molto sexy, ma senza nessuna scena di sesso o di nudo integrale. È un fumetto per tutti, senza nessun veto ai minori. Il primo albo uscirà a dicembre, dopodichè il primo volume la prossima primavera”.

Ma, aldilà di “Shadow Hunter”, sei una lettrice di fumetti?
“Sinceramente? No. Non ne leggo quasi mai. Però sono preparatissima su Frank Miller e “Sin City”. Mi sono letta tutti i suoi volumi. Ma devo essere sincera fino in fondo: l’ho fatto perché - per un momento - sembrava che dovessi partecipare al film con una piccola parte. Poi però non se n’è più fatto nulla”.

Grazie di tutto. Un saluto?
“Grazie a te: un bacio a tutti i miei fans e a tutti i lettori italiani. Vi adoro!!!”

• Testi e adattamento: Stefano "S3Keno Piccoli"
• Traduzioni e assistenza: Monika Prezioso.
• Tutte le immagini sono ©2007 ClubJenna Inc.

giovedì 7 giugno 2007

HOLLISTER preview.


Non avevo ancora mai parlato della Hollister Company®, qui.
Sto preparando un po' di materiale, una serie di post che racconteranno l'ideazione , la nascita, lo sviluppo e la gestione di un intero brand di abbigliamento, dalla A alla Z (grafica e stile, etichette, packaging, tessuti e fornitori, distribuzione e forza vendita, promozione, etc.).
Intanto pubblico questa immagine, che altro non era che la PRIMA pagina pubblicitaria della Hollister (realizzata dal sottoscritto, ovviamente, per alcune testate) quando ancora non esisteva il prodotto, nel senso che lo stavamo ancora preparando... e quindi dove si mostrava solo il suo sapore!
Da notare che sono già presenti i loghi (gli stessi delle etichette tessili) e il VERO cartellino vendita per i capi, che (non a caso) era già pronto, e che in pratica è l'unico elemento fotografico di questa pagina.

mercoledì 6 giugno 2007

Satanella®




Poco tempo fa, avevo proprosto questa mia idea/progetto ad un caro amico che è anche un noto scrittore di fumetti. Nella proposta, da realizzare in coppia, non mi ero limitato solo al nome del personaggio femminile e alla sua visualizzazione, ma gli avevo anche buttato giù una sorta di plot della storia (un po' incasinata) che lui - proprio in quanto abile sceneggiatore - avrebbe trasformato in qualcosa di fluido e divertente.
Roba sexy horror spy noir scollacciata stile anni '70.

Peccato che il mio amico di cui sopra abbia a sua volta un altro amico - tale Rosenzcomecazzosichiama, anche lui noto fumettaro - che proprio nello stesso periodo si stava dedicando ad un'altra Satanella (anche se con un progetto molto diverso) e quindi, anche fosse solo per scrupolo, giustamente non se la sentiva di ritrovarsi tirato in mezzo ad un eventuale "conflitto di interessi" di stampo editoriale.

A me che invece di Rosenzcomecazzosichiama non me ne puà fregare di meno, quindi zero scrupoli, 'sta tipetta (che sia chiaro: NON E' una vampira, ma una ladra internazionale) mi intriga ancora parecchio... il che vuol dire che questa idea/progetto è tutt'altro che archiviata.
You know what I mean, man?

Virgo & Zelda.


Crossover ipotetico - ed un po' umido - realizzato per gioco allo stand Factory (ad un'edizione di Expocartoon di cui non ricordo l'anno), a quattro mani da me e da Flavia Scuderi.
Zelda era una sexy streghetta "alla moda" (?) protagonista di una miniserie scritta da Roberto Recchioni e disegnata dalla Scuderi.

martedì 22 maggio 2007

Fightin' in the ring.


Grafica per PICKWICK Colour Group®.